venerdì 1 ottobre 2021

Gusela del Padeon, le prime due volte

Un racconto di Enrico.

La Gusela del Padeon è una torre isolata che si eleva sulla verdeggiante Val Padeon, spalleggiata dalle più note cime del Pomagagnon, sottogruppo del Cristallo, a Cortina D'Ampezzo.


La Gusela del Padeon

Scopriamo questa cima sulla guida intitolata "111 Cime attorno a Cortina" (Idea Montagna), che fa da sfondo a molte delle nostre escursioni di questi ultimi anni. Dal momento che la descrizione della salita è già disponibile presso il sito VieNormali.it, questo post non vuole essere una relazione alla via, bensì il racconto di come abbiamo affrontato la Gusela a più riprese, fino ad adottarla come una delle nostre ravanate preferite di sempre.

I° tentativo

Nell'estate 2017 all'appello siamo una compagnia piuttosto eterogenea (io, Andrea, Pippo, Rachele, Meggy e mio suocero Dario), convinti che si tratti di una via normale tutto sommato abbastanza facile, nonostante la suddetta guida metta in guardia recitando "[...] si continua in verticale con passi delicati, afferrandosi ai mughi e scartando roccette malsicure".

La prima difficoltà consiste nel raggiungere la base della torre, che approcciamo tramite il sentiero con segnavia 203, con partenza da Ospitale sulla strada per Cimabanche. Lasciato il sentiero 202 circa sul limitare del bosco, per raggiungere la parete è necessario superare un'area di massi detritici alquanto labirintica, fitta di mughi, in cui non è sempre facile individuare la più semplice via di attraversamento. Una volta usciti dal macereto, traversando un ripido declivio verso sinistra, puntare ad un abete schiantato a fianco del quale scende una striscia di mughi. Le indicazioni della guida suonano abbastanza aleatorie, ma alla prova si rivelano veritiere.

Con noi abbiamo portato la normale dotazione alpinistica, perchè non si sa mai. Attacco la via sulla destra, salendo un primo gradone di roccette mobili e scavalcando con fatica le radici sporgenti di un grosso mugo, dove piazzo una prima fettuccia con rinvio. Da lì proseguo su una rampetta piuttosto terrosa, fino a raggiungere un abete sulla destra dove attrezzo alla bell'e meglio una sosta e recupero i compagni.

I mughi verticali della prima parte della salita

L'altra cordata segue lo stesso percorso, sicché ci ritroviamo tutti appollati su uno scomodo terrazzino per valutare "se" e "dove" proseguire, dal momento che volgendo lo sguardo verso l'alto non si ricava alcun indizio utile.

Andrea prosegue in avanscoperta, ora da primo, per una cengia erbosa che si rivela subito esposta (almeno 30 metri sotto il sedere), scomparendo poi in alto, dietro ad un barancio a cui si assicura a sua volta. Lo seguiamo io e Pippo per renderci presto conto che l'unico modo per salire sembra essere quello di aggrapparsi ai ciuffi d'erba.

L'incertezza del meteo, che sembra volgere al peggio, e la certezza che questa NON sia la strada giusta, ci fa tornare mestamente sui nostri passi fino alla prima sosta, dove ci aspetta il resto della ciurma nella generale perplessità. Nel frattempo Dario decide di salire in verticale, afferrandosi con forza ai baranci fino a raggiugere lo stesso Andrea per altra via.

Seguo le mosse di Dario, più che altro per fare il punto sulla situazione, ma l'umore generale è piuttosto basso e la decisione è preso presa: si rinuncia. Ci caliamo, chi alla piaz, chi in doppia, fino a tornare alla base della paretina. Ce ne andiamo con la promessa di riprovarci. A volte va così.

Rinunciare ad una cima è sempre un po' avvilente, ma si impara a perdere. E si impara anche a riderci sopra.

Ma non finisce qui.


II° tentativo

Nel 2018, di buon mattino io e Andrea ci diamo appuntamento per raggiungere località Fiames, dove parcheggiamo l'auto lungo la strada statale Dobbiaco-Cortina d'Ampezzo. Attraversato il boschetto e superata la ciclabile, saliamo con buon passo il canalone detritico che porta all'attacco della nota ferrata Strobel. L'idea è di raggiungere l'attacco della normale al Padeon dall'alto, per risparmiarci la salita da Ospitale.

E funziona, nonostante il carico sulle spalle.

Giunti all'attacco della Gusela affrontiamo le prime balze con gran determinazione. Facendo tesoro dell'esperienza dell'anno precedente, arrivati alla prima sosta proseguiamo su dritti per baranci verticali, proteggendo il tiro con cordini e rinvii fino ad attrezzare una seconda sosta circa 20 metri più su. Con le mani impiastrate di resina decidiamo di proseguire ancora verso l'alto, superando un passaggio su ulteriori roccette malsicure (ovunque), fino ad individuare quello che sembra essere un corridoio tra baranci che volge a sinistra. E là che attrezziamo l'ultima sosta su grosse radici.

Fatte su le corde, proseguiamo ora camminando lungo quella che ci appare una netta traccia verso sinistra (versante Val padeon) fino a scorgere (eureka!) un ometto sul limitare di un gradino erboso a monte, che superiamo aggrappandoci ai rami delle piante. Ci ritroviamo fuori dalla mugheta, alla base del ghiaione che cala dalla cima del torrione.

Proseguiamo ora piegando a sinistra e assecondando la cengia detritica. Per ghiaie, passaggi su loppe e qualche gradino roccioso, arriviamo alla parte alta della cengia che gira attorno alla torre e si traforma in sentiero, fino a guadagnare un pulpito aereo sul versante SE, esattamente opposto all'attacco.

Qualche difficoltà nell'individuare il canalino terroso a destra che viene descritto in relazione, superato il quale attraverso un camino di bella arrampicata (non serve proteggersi), col cuore in gola giungiamo brevemente alla cima, larga e piatta.

Fuori dal camino finale

Siamo felici, davvero felici. Per noi questa piccola impresa significa qualcosa. Scopriamo un libro di vetta nascosto tra i sassi dell'omettone di vetta e leggiamo che qualcuno è salito (sic) solo un paio di giorni prima di noi, ma il libro è praticamente vuoto! Gongoliamo. Questo ci convince che questa cima sia appannaggio di pochi, nonostante nel complesso non la si possa definire una via di roccia e i singoli passaggi non superino mai il I-II° grado.

Assaporiamo con calma il nostro spuntino, con le facce al sole, confrontandoci sugli errori che avevamo commesso l'anno precedente, per concludere che le maggiori difficoltà stanno proprio nell'individuare la via attraverso i mughi della parete N.

Sulla cima

La discesa, anche se un po' delicata, non presenta particolari difficoltà di orientamento, nonostante il percorso non sia segnato da ometti, il che permette di conservarne il carattere esplorativo. Tornati alla fascia di baranci che risale il versante E, puntando ad un albero che avevamo fissato a mente per l'ingresso nella mugheta, scendiamo alla cengia erbosa da dove attrezziamo tre doppie direttamente attorno al tronco degli stessi abeti su cui avevamo fatto sosta all'andata, che ci porteranno alla base della via. Qualche difficoltà nel recuperare le mezze che ovviamente si incastrano tra i mughi...

La Gusela resta una della più belle cime minori che abbiamo ravanato, e che ripetiamo volentieri con chi abbia voglia di respirare un po' di avventura. A volte basta uscire dai sentieri e col naso all'insù dirsi: andiamo?

Andrea con il libro di vetta in mano.


Vista sul Pomagagnon. Sulla sx Costa e Testa del Bertoldo.

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