Una ravanata di Enry & Pippo.
E' il 12 agosto 2023 ed è anche il nostro primo giorno di ferie. La giornata si prospetta straordinariamente calda qui a San vito di Cadore, mentre puntiamo al Rifugio San Marco, quale punto di partenza di molte delle nostre piccole avventure dietro casa. Siamo carichi e spavaldi mentre a grandi falcate risaliamo la strada sterrata che si stacca dietro la Baita Sun bar in direzione Rifugio Scotter, fino ad inforcare, sprezzanti della fatica, la ripida rampata per la Rota (vedi post dedicato). Ma la nostra protervia verrà presto ridimensionata.
Era da anni che puntavamo a questo itineriario, di cui come al solito Eddy (chi segue questo blog conosce il personaggio) ci aveva parlato, sminuendolo quale si trattasse di un giro da "merenderos" di poco conto. Del resto lui è un local, noi dei babbani di laguna... ;-)
Sorvoliamo sul percorso per arrivare al rifugio sopra detto, ci basterà dire che alle ore 09:45, come da documentazione fotografica, rinveniamo un grosso porcino a bordo strada che, vista la lunga giornata che ci si prospetta innanzi, decidiamo saggiamente di lasciare al suo posto. Superato il San Marco, giusto il tempo per uno skiwasser, proseguiamo oltre fino a raggiungere la base del canalone, che attacchiamo alle 11:30 circa.
Le ghaie del canalone del Giou Scuro scendono fino ad incrociare il sentiero CAI n. 4 a quota 1841, che prosegue in costa in direzione forcella Piccola. Lo si abbandona per risalire a piacimento puntando al restringimento tra la Torre Alba Maria e la base della possente Cima Belpra', sulla destra.
Superata la fascia baranciosa l'imbocco del canalone si fa subito abbastanza stretto ed obbliga a rimontare su alcuni grandi massi, fino ad incontrare un primo ostacolo che lo ostruisce completamente. Proviamo a superare l'enorme masso tra lo stesso e la parete di roccia che lo chiude a sinistra. Il canalino è viscido e il sasso avaro di appigli. Facciamo alcuni tentativi maldestri, compresa la tragica "piramide umana", finché decidiamo di risalire sul lato della Cima belprà, per un canalino da dove scende acqua in abbondanza, ma appare possibile arrampicare in contrapposizione. A riguardare le foto fatte sembra tutto facile, ma quando sei là a ravanare sul marcio è cosa ben diversa. Per farla breve, perdiamo un bel po' di tempo, ma alla fine passiamo entrambi.
Proseguiamo quindi per ghiaie, ora per brevi salti di roccia, ognuno con il suo passo, ognuno scegliendo quella che sembra la colata meno infida, con fatica, mentre la temperatura aumenta e l'ambiente di fa davvero selvaggio. E' difficile descrive puntualmente la progressione verso l'alto quando si tratta di rimontare per ore su detriti mobili, senza avere la certezza di essere nel giusto, anche perché verso sinistra, man mano che si sale, si aprono possibili deviazioni che sboccano su altre forcelle. Eppure l'istinto ci ordina imperativamente di rimanere nel ramo principale, fino a che il canale si restringe nuovamente sotto un enorme blocco a forma di fungo, un vicolo apparentemente cieco. Sarà forse questo il foro finale da attraversare, di cui ci aveva parlato Eddy? Il problema è che guardando la quota di altitudine non troviamo corrispondenza, siamo sotto ancora di circa 200 metri dalla forcellina finale. Mangiamo una banana, in cerca dell'ombra.
Sul lato sinistro la salita è decisamente impraticabile, a destra invece sembra fattibile, ma con l'incognita del... e se poi una volta sopra ci tocca tornare giù? La risposta risuona all'unisono: io da là non torno indietro. Pippo apre pista, sale un paio di metri su rocce umide fino a traversare su una specie di esile cengia e di lì dritto per dritto. Lo seguo a ruota con qualche perplessità e con la mente proiettata al poi. E da qui? Proseguiamo per rocce più facili fino a riguadagnare le ghiaie. La strada è quella giusta, poco dopo infatti riusciamo a scorgere, molto più in alto, il nostro traguardo. Qualche sommesso urrà e attacchiamo la parte terminale del canale, davvero faticosissima, al punto che ad un passo avanti, ne corrispondono due indietro, il cosiddetto passo del gambero. E così raggiungiamo l'ostruzione finale, che si percorre attraverso. Dalle foto che ci scattiamo, credo si intuisca il conforto che proviamo nel vedere finalmente la fatidica "luce in fondo al tunnel".
Risaliamo il fondo sabbioso della cosiddetta finestrella fino a raggiungerne la fine, dove è necessario arrampicare infilandosi in una sorta di umido camino, sempre in contrapposizione, la cui uscita appare piuttosto atletica (alla faccia della gita da "merenderos"). Siamo fuori, felici, sporchi ma fuori. F-U-O-R-I! Possiamo quindi apporre la spunta sul Canalone del Giou Scuro.
Ci sarebbe da salire sulla cima dell'omonimo Contrafforte, ma questa - come recitava Michael Ende nel La Storia infinita - "...è un'altra storia e dovrà essere raccontata un'altra volta".
Segue il racconto fotografico.
L'inizio del canalone.
Traversi su ghiaia.
Il primo grosso masso che ostacola il passaggio.
Veduta d'insieme. Sullo sfondo il Re del Cadore.
Seguono brevi salti di roccia.
Ed eccoci.
Possibili vie di fuga verso sinistra.
Veduta della salita.
Enry.
Ancora per ghiaie.
Il grande masso a forma di fungo.
La paretina di salita per superare il grande masso a forma di fungo.
La parte terminale del canalone.
La finestrella.
Dentro il pertugio.
Il camino d'uscita.
Pippo.
Veduta sulla muraglia del Sorapiss.
La finestrella vista dall'alto.
Le laste iniziali che portano alla cima del Contrafforte.
Vista del Contrafforte.
Il re del bosco.
Ma non è finita! Come nei film... segue il racconto del nostro rientro.
Dopo alcuni vani tentativi alla cima del Contrafforte e un paio di morsi ai nostri panini, dobbiamo comunque scendere in Forcella Grande. Seguiamo la parete soprastante in direzione Torre dei Sabbioni, perdiamo un centinaio di metri di quota, ma nel timore di trovarci sopra ad un salto di roccia decidiamo di tornare sui nostri passi. Ci sembra invece possibile scendere traversando per tracce di animali sotto il Contrafforte stesso, e così procediamo con cautela fino a raggiungere alcuni verdi. Da lì ci viene in soccorso Rachele, salita dal San Marco per vedere se siamo ancora vivi, la quale ci dà indicazioni dal basso su quale canale intraprendere per "dismontare" in sicurezza.
E il porcino? Dopo un piccola sosta al San Marco, in cui riferiamo ad Eddy - con toni esageratamente epici - della nostra ravanata, si torna a valle, senza però rinunciare ad una piccola digressione... Il porcino finirà alla piastra, per il solluchero dei nostri palati.