mercoledì 23 agosto 2023

Variante di salita alla cengia Paolina

Una ravanata di Andrea, con Enry, Pippo & Dario.

Per festeggiare i suoi 66 anni, Andrea si vuole regalare una bella avventura in compagnia. Da diversi anni favoleggiava di riuscire a salire alla cengia Paolina direttamente dal fondo della Val Travenanzes.  A dire la verità quando ti ritrovi con naso all'insù a rimirare le pareti nerastre di quella parte terminale della valle, così incombenti sul Ru Traenànzes, non ti verrebbe mai in mente di poter trovare un passaggio senza dover ricorrere a mezzi alpinistici. E invece un sistema di cenge recondite consente di superare il gradino roccioso, per un sentiero di arroccamento militare austriaco della prima grande guerra.

Dopo aver minuziosamente studiato per anni dai versanti opposti e dalle cime dirimpettaie le possibilità di salita, Andrea è incappato in una relazione pubblicata sulla rivista Le Alpi Venete, numero 1, I° semestre 2023, intitolata "Salita dal ponte di fondovalle alla Cengia Paolina". Ed è da quella che prendiamo le mosse il 23 agosto 2023.

La nostra gita ha principio dal ponte di legno a forma di angolo retto che si incontra circa a quota 1780 mt s.l.m, lungo il sentiero CAI n. 401. Andrea ha con sé un altimetro da polso. Tagliamo per vaghe tracce tra i massi in direzione di un rudere poco sopra, visibile già dal sentiero (dx orografica della valle). Il sottoscritto ritrova sulle ghiaie un caricatore munito di proiettile inesploso, che decidiamo di lasciare sul luogo, come ogni altro ritrovamento bellico rinvenuto lungo il percorso. La baracca del comando austriaco, addossata alla parete, presenta al suo interno alcuni resti del "pareccio" ed una finestra con un vetro originale rimasto addirittura intatto. 

La relazione indica di proseguire verso destra, su per un pendio di ghiaie e zolle erbose un poco esposto, dove la traccia è segnalata da diversi ometti di roccia. Una volta giunti sotto la parete soprastante, a quota 1850 mt circa, Andrea propone di percorrere un tratto di cengia che volge a destra, che dopo circa un centinaio di metri presenta però un traverso esposto su roccia inaffidabile. Decidiamo quindi di rimandare questa esplorazione per una prossima puntata, giriamo i tacchi e torniamo a seguire pedissequamente la relazione, proseguendo sulla medesima cengia, ma questa volta in direzione sinistra. L'ambiente è davvero suggestivo, soprattutto considerato l'interesse storico, tra resti di postazioni, lattame made in Norvegia e grovigli di filo spinato, che servivano a sbarrare l'accesso al nemico.

La cengia prosegue in lieve salita e pur non presentando particolare esposizione, si comincia a percepirne l'altezza rispetto al fondo valle, mano mano che si avanza. Al termine della cengia si perviene ad un vallone dove la traccia si snoda in modo logico dapprima tra i mughi e poi su un ambiente prativo. Saliamo senza percorso obbligato puntando diritto ad una fascia rocciosa più in alto, nel punto in cui la roccia ci appare bagnata, e costeggiandola ora verso destra per un canalino con pendenza che si fa più marcata. Raggiungiamo così una nuova cengia da inforcare verso sinistra che conduce sulla parte superiore dell'ampio vallone detritico che scende da circo glaciale di Potofana. Sopra di noi la cengia Paolina risulta già ben visibile. 

Tagliamo in diagonale il ghiaione da destra a sinistra (faccia a monte), rinvenendo vari cimeli di guerra tra cui una gavetta in buono stato, i resti di uno scarpone, una pala divorata dalla ruggine e ovunque molto lattame. Proseguiamo fuori traccia scavalcando alcune modeste fasce di roccia instabile, fino a raggiungere il tracciato della Paolina a quota 2300 mt circa. In questa giornata di sole ardente, fortunatamente alcune nuvole ci fanno da ombrello lungo il percorso che ci conduce, lungamente e con non poca fatica, alla forcella che si affaccia infine sul Vallon di Ra Ola.

Da qui in poi solo divertimento, giù a scapicollo a saltare come improvvidi camosci sulle mobili ghiaie del ripidissimo canalone. Una volta raggiunto nuovamente il sentiero n. 401,  manteniamo fede alla tradizione godendoci un rigenerante pediluvio sulle gelide acque del torrente, seduti sui sassi squadrati che permettono di traversare il ruscello. 

I festeggiamenti proseguono con birre e skiwasser sulle rive del Boite. Le gambe sono stanche, ma il morale è alto quando ci sediamo a tavola a Malga Misurina e i calici tintinnano ricolmi di eccellente Pinot noir. Tanti auguri Andrea!!!

Segue il racconto fotografico della giornata.



Per vaghe tracce tra i massi, in direzione della baracca.

Pippo e la baracca.

La traccia che diparte a destra della baracca.

Dario e Andrea salgono il pendio di zolle erbose.

Vista della cengia verso destra, a 1850 mt circa.

Vista della cengia verso sinistra.

Perplessità sul percorso da intraprendere.

Lungo la cengia.

Andrea.

Resti di filo spinato.

"Rinforzando" un ometto.

Vista del vallone, appena fuori dalla cengia.

Pausa cioccolata.

Una gavetta.

Uno scarpone.

Il ghiaione dei ritrovamenti bellici.

Primi passi sulla cengia Paolina, in alto il circo glaciale di Potofana.

Sulla cengia Paolina.

Dario e Pippo risalgono detriti.

Il festeggiato.

Andrea ravana.

Pippo e i suoi perigliosi traversi.

Ultimi passi (ripidi) verso la forcella sul Vallon di Ra Ola.

Enry & Andrea.

Il Vallon.

sabato 12 agosto 2023

Il Canalone del Giou Scuro, a passo di gambero

Una ravanata di Enry & Pippo.

E' il 12 agosto 2023 ed è anche il nostro primo giorno di ferie. La giornata si prospetta straordinariamente calda qui a San vito di Cadore, mentre puntiamo al Rifugio San Marco, quale punto di partenza di molte delle nostre piccole avventure dietro casa. Siamo carichi e spavaldi mentre a grandi falcate risaliamo la strada sterrata che si stacca dietro la Baita Sun bar in direzione Rifugio Scotter, fino ad inforcare, sprezzanti della fatica, la ripida rampata per la Rota (vedi post dedicato). Ma la nostra protervia verrà presto ridimensionata.

Era da anni che puntavamo a questo itineriario, di cui come al solito Eddy (chi segue questo blog conosce il personaggio) ci aveva parlato, sminuendolo quale si trattasse di un giro da "merenderos" di poco conto. Del resto lui è un local, noi dei babbani di laguna... ;-)

Sorvoliamo sul percorso per arrivare al rifugio sopra detto, ci basterà dire che alle ore 09:45, come da documentazione fotografica, rinveniamo un grosso porcino a bordo strada che, vista la lunga giornata che ci si prospetta innanzi, decidiamo saggiamente di lasciare al suo posto. Superato il San Marco, giusto il tempo per uno skiwasser, proseguiamo oltre fino a raggiungere la base del canalone, che attacchiamo alle 11:30 circa.

Le ghaie del canalone del Giou Scuro scendono fino ad incrociare il sentiero CAI n. 4 a quota 1841, che prosegue in costa in direzione forcella Piccola. Lo si abbandona per risalire a piacimento puntando al restringimento tra la Torre Alba Maria e la base della possente Cima Belpra', sulla destra.


Superata la fascia baranciosa l'imbocco del canalone si fa subito abbastanza stretto ed obbliga a rimontare su alcuni grandi massi, fino ad incontrare un primo ostacolo che lo ostruisce completamente. Proviamo a superare l'enorme masso tra lo stesso e la parete di roccia che lo chiude a sinistra. Il canalino è viscido e il sasso avaro di appigli. Facciamo alcuni tentativi maldestri, compresa la tragica "piramide umana", finché decidiamo di risalire sul lato della Cima belprà, per un canalino da dove scende acqua in abbondanza, ma appare possibile arrampicare in contrapposizione. A riguardare le foto fatte sembra tutto facile, ma quando sei là a ravanare sul marcio è cosa ben diversa. Per farla breve, perdiamo un bel po' di tempo, ma alla fine passiamo entrambi.

Proseguiamo quindi per ghiaie, ora per brevi salti di roccia, ognuno con il suo passo, ognuno scegliendo quella che sembra la colata meno infida, con fatica, mentre la temperatura aumenta e l'ambiente di fa davvero selvaggio. E' difficile descrive puntualmente la progressione verso l'alto quando si tratta di rimontare per ore su detriti mobili, senza avere la certezza di essere nel giusto, anche perché verso sinistra, man mano che si sale, si aprono possibili deviazioni che sboccano su altre forcelle. Eppure l'istinto ci ordina imperativamente di rimanere nel ramo principale, fino a che il canale si restringe nuovamente sotto un enorme blocco a forma di fungo, un vicolo apparentemente cieco. Sarà forse questo il foro finale da attraversare, di cui ci aveva parlato Eddy? Il problema è che guardando la quota di altitudine non troviamo corrispondenza, siamo sotto ancora di circa 200 metri dalla forcellina finale. Mangiamo una banana, in cerca dell'ombra.

Sul lato sinistro la salita è decisamente impraticabile, a destra invece sembra fattibile, ma con l'incognita del... e se poi una volta sopra ci tocca tornare giù? La risposta risuona all'unisono: io da là non torno indietro. Pippo apre pista, sale un paio di metri su rocce umide fino a traversare su una specie di esile cengia e di lì dritto per dritto. Lo seguo a ruota con qualche perplessità e con la mente proiettata al poi. E da qui? Proseguiamo per rocce più facili fino a riguadagnare le ghiaie. La strada è quella giusta, poco dopo infatti riusciamo a scorgere, molto più in alto, il nostro traguardo. Qualche sommesso urrà e attacchiamo la parte terminale del canale, davvero faticosissima, al punto che ad un passo avanti, ne corrispondono due indietro, il cosiddetto passo del gambero. E così raggiungiamo l'ostruzione finale, che si percorre attraverso. Dalle foto che ci scattiamo, credo si intuisca il conforto che proviamo nel vedere finalmente la fatidica "luce in fondo al tunnel".

Risaliamo il fondo sabbioso della cosiddetta finestrella fino a raggiungerne la fine, dove è necessario arrampicare infilandosi in una sorta di umido camino, sempre in contrapposizione, la cui uscita appare piuttosto atletica (alla faccia della gita da "merenderos"). Siamo fuori, felici, sporchi ma fuori. F-U-O-R-I! Possiamo quindi apporre la spunta sul Canalone del Giou Scuro. 

Ci sarebbe da salire sulla cima dell'omonimo Contrafforte, ma questa - come recitava Michael Ende nel La Storia infinita - "...è un'altra storia e dovrà essere raccontata un'altra volta".

Segue il racconto fotografico.

L'inizio del canalone. 

Traversi su ghiaia.

Il primo grosso masso che ostacola il passaggio.

Veduta d'insieme. Sullo sfondo il Re del Cadore.

Seguono brevi salti di roccia.

Ed eccoci. 

Possibili vie di fuga verso sinistra.

Veduta della salita.

Enry.

Ancora per ghiaie.

Il grande masso a forma di fungo.

La paretina di salita per superare il grande masso a forma di fungo.

La parte terminale del canalone.

La finestrella.

Dentro il pertugio.

Il camino d'uscita.

Pippo.

Veduta sulla muraglia del Sorapiss.

La finestrella vista dall'alto.

Le laste iniziali che portano alla cima del Contrafforte.

Vista del Contrafforte.

Il re del bosco.

Ma non è finita! Come nei film... segue il racconto del nostro rientro.
Dopo alcuni vani tentativi alla cima del Contrafforte e un paio di morsi ai nostri panini, dobbiamo comunque scendere in Forcella Grande. Seguiamo la parete soprastante in direzione Torre dei Sabbioni, perdiamo un centinaio di metri di quota, ma nel timore di trovarci sopra ad un salto di roccia decidiamo di tornare sui nostri passi. Ci sembra invece possibile scendere traversando per tracce di animali sotto il Contrafforte stesso, e così procediamo con cautela fino a raggiungere alcuni verdi. Da lì ci viene in soccorso Rachele, salita dal San Marco per vedere se siamo ancora vivi, la quale ci dà indicazioni dal basso su quale canale intraprendere per "dismontare" in sicurezza.

E il porcino? Dopo un piccola sosta al San Marco, in cui riferiamo ad Eddy - con toni esageratamente epici - della nostra ravanata, si torna a valle, senza però rinunciare ad una piccola digressione... Il porcino finirà alla piastra, per il solluchero dei nostri palati.

sabato 22 luglio 2023

Il sentiero "Giamaica", un simpatico viaz di camorzieri sui Becchi di Imposponda

Una ravanatina di Enry & Pippo.

Veniamo a conoscenza di questo simpatico e ravanoso viaz ancora una volta da Eddy, rifugiante del San Marco, il quale ogni tanto ci manda alla morte su improbabili sentieri, normalmente sconosciuti ai più e ovviamente non frequentati da nessuno se non da camosci e zecche.


Il sentiero "Giamaica", battezzato misteriosamente così da anonimi local, si sviluppa brevemente sulla parte inferiore dei Becchi di Imposponda, un avancorpo dell'Antelao che fa da quinta minore al paese di San Vito di Cadore.

A dire il vero mi era capitato di fantasticare riguardo al salire le creste di detti Becchi, mentre me ne stavo comodamente seduto a sorbire skiwasser dalla terrazza del Rifugio Scotter: mai avrei immaginato che esistesse una traccia a snodarsi tra quelle gobbe baranciose, apparentemente inaccessibili. 

Dal momento che non è esattamente facile indovinare dove attacca il percorso, abbiamo cercato qualcosa in rete, incappando nel recente video di Luca Loro, per la serie "A caccia di sentieri", di cui vi lasciamo il link diretto. Come spiegato dall'autore del video, il gioco consiste nel non rivelare dove si trovano i sentieri, se non dando delle indicazioni di massima. Nel descrivervi la nostra piccola avventura ci sembra quindi corretto mantenere lo stesso grado di riserbo, lasciando a voi il piacere della scoperta. Ma possiamo dire che ci sarà da divertirsi.

Tralasciamo quindi le indicazioni sull'esatto punto di partenza, salvo precisare che il primo indizio è trovare un alberello sul limitare di una delle pista che scendono dallo Scotter, sul cui tronco campeggia il marchio "G", di cui alla foto sottostante. 

Con un po' di intuito ci si arriva eh... In ogni caso, abbiamo fatto diversi giri a vuoto nel boschetto, tra alberelli schiantati e frane recenti, fino ad individuare alcuni segni sbiaditi che ci hanno portato a sudare su un pendio di magro pascolo. Da lì il percorso è segnato da bolli blu presenti su diversi massi e il tutto diventa molto più logico.

Si traversa un ruscello sul fondo del canalone (verso sn, faccia a monte) e si comincia a salire su pendenze ora più marcate, seguendo la traccia che si snoda tra mughi. Usciti dalla mugheta, sotto parete di traversa in costa verso sinistra su pendio ripido, per attaccare quella che appare un'ovvia cengia. La cengia è percorribile senza problemi e l'esposizione è sempre mitigata dalla presenza dei mughi sottostanti. Sul termine si rinviene una corda fissa che agevola l'uscita verso il fondo di un canalino, che permette di guadagnare la cresta soprastante. Lo si risale per traccia terrosa, salvo appoggiare le mani su qualche roccia affiorante e aiutarsi con i rami dei baranci, su sentiero classificabile EE.

Una volta raggiunta la cresta si tratta di percorrerla seguendo i bolli o i tagli dei baranci. La cresta non risulta mai molto esposta. Ad un tratto è possibile uscire ed evitare il tratto segnalato con la scritta "difficile" e una freccia che indica il proseguimento. Noi restiamo in ballo e in breve giungiamo ad un cordone con nodi predisposto per la discesa.

Consigliamo di non appendersi MAI!!! alle sicure lasciate dai predecessori, perchè non sai da quanto sono là e a quanti inverni siano sopravvissute. Scendiamo quindi i pochi metri piuttosto verticali aggrappandoci alle loppe e una volta abbandonata la corda, proseguiamo per ripide tracce nel bosco, fino a raggiungere i rassicuranti sentieri CAI.

La gita prosegue verso il Rifugio San Marco, dove Eddy ci aspetta con dei meravigliosi canederli al formaggio pressati e tanto cavolo cappuccio.

Commenti finali sulla ravanata. L'ambiente è piuttosto selvaggio, nonstante la vicinanza con sentieri e rifugi. Zecche non pervenute, ma ci è andata di culo... Vietato scivolare! Segue il foto racconto della bella giornata.

La fatidica "G".

Sparuti ometti.

Uno scolorito bollo verso il termine del canale di risalita.

La prima cengia di ingresso.

Spezzone di corda per uscire dalla cengia.

Risalendo verso la cresta.

Passaggi in cresta.

Vista sul Re.

Ciao Pippo.

La corda di discesa per ripide loppe.

In uscita. In basso a destra, il Rifugio Scotter.